E’ vero che ci siamo passati tutti, abbiamo fatto tutti le nostre stupidaggini, siamo andati tutti contro i nostri genitori.
Brutte parole e scatti di ira sono quasi all’ordine del giorno nelle famiglie con in casa un adolescente; a volte i genitori si sentono impotenti e le reazioni tendono a peggiorare la situazione già critica.
Premesso il fatto che io sono una persona aperta al dialogo, ma avendo in casa la mia prima figlia preadolescsente (12 anni) a volte faccio veramente fatica a comunicare con lei. Ci sono dei momenti in cui si chiude a riccio e si fa veramente fatica a penetrare la sua corazza adolescenziale.
Nei gruppi di Supermamma sono abituata a confrontarmi con le mamme, quindi ho sempre visto solo un lato della medaglia, fino a che mi sono imbattuta, in un breve post di un ragazzo Andrea, che in un acceso confronto sulle sciocchezze degli adolescenza è voluto intervenire con un aneddoto che lo riguarda di quando era nel pieno della sua fase adolescenziale.
L’ho trovato molto interessante ed istruttivo, mi sento perfettamente in linea con i suoi genitori.
Andrea ha scritto così:
“Condivido con voi un pezzetto della mia vita.
Adolescente, sbottavo sbottavo e sbraitavo che me ne volevo andare e che loro non capivano niente. Lo facevo un sacco di volte e per un mare di motivi. Loro senza dirmi niente prepararono due valigie ben fatte con le mie cose. Zitti. E ancora zitti.
Poi arrivò il momento della mia solita cacciata da buffone e loro mi guardarono sereni, veramente sereni e mi dissero che avevo ragione e che era bellissimo che io scalciassi perché volevo uscire dal bozzolo, pronto a volare come una farfalla.
Sempre sorridenti e sereni mi diedero le valigie dissero che ci avevano pensato, che ne avevano parlato e che era un mio diritto.
Valigie in mano, baci abbracci e adesso vai, capisci chi sei e cosa puoi fare. Io sbalordito scesi di casa, feci il giro del quartiere un paio di volte e capii che ancora non ero un cazzo. Anzi ero meno di un cazzo.
Crebbi di dieci anni in venti minuti quando decisi di bussare a casa.
Nulla, tutto fu come se non fosse successo nulla. Salii, mi salutarono e mi chiesero cosa preferivo per secondo piatto.
Fu una lezione incredibile e meravigliosa sul chi credi di essere e chi sei davvero.
Li amo.”
Un applauso ai genitori di Andrea che quel giorno capirono che a volte i ragazzi vanno lasciati di sbagliare e mi sento anche di aggiungere un grande complimento alla fiducia riposta nel loro figlio. Invece di scontrarsi, hanno agito con “innaturale” solidità, fermezza e coscienza.
Mi sento molto in linea con questo tipo di “lezione”, proprio dove a volte non si riesce a dialogare e sono assolutamente contraria al picchiare i ragazzi, lo trovo un giusto compromesso.